Il termine “test” ha da sempre, nell’immaginario collettivo, un’accezione negativa. Basti immaginare ad esempio quando, a seguito di una visita da un medico, spesso si lascia la stanza con la prescrizione di approfondimenti da fare per escludere alcune patologie; o ancora se si pensa al sistema scolastico, nel quale la verifica ha lo scopo di esplorare e valutare le competenze dell’alunno.

Questi esempi ci fanno ben capire quanto spesso, anche nel campo della psicologia, il test venga percepito dal paziente come un “nemico”, un qualcosa da cui se possibile starne alla larga.

Che cos'è un test?

test psicologici (o reattivi mentali) sono strumenti standardizzati utilizzati da professionisti come psicologi, psicoterapeuti e psichiatri che consentono di acquisire informazioni e formulare un’ipotesi diagnostica.

Formulare un’ipotesi diagnostica”. Già questo spaventa. Sembra voler etichettare il paziente per poi “marchiarlo” e inserirlo in una categoria. Siamo, in realtà, molto lontani da tutto questo: l’obiettivo principale è infatti quello di esplorare il mondo del paziente, i suoi schemi, le sue difficoltà, in modo da implementare un trattamento quanto più adeguato alle sue esigenze. Una sorta di “abito” creato su misura.

detective-gafeade029_1280

Un momento di condivisione

Molte volte accade che una persona possa sentirsi giudicata dall’utilizzo di un test. Sperimentare questa sensazione è del tutto legittima; per questo motivo è importante condividere non solo il motivo per il quale viene utilizzata questa metodologia, ma anche le modalità e le tempistiche in modo che vadano incontro alle esigenze del paziente. È infatti naturale che, se il paziente non si senta pronto a compilare un questionario, piuttosto che insistere sarà importante comprendere insieme a lui quale sia l’ostacolo in quel momento in atto.

A volte ciò che emerge è del tutto inaspettato e allo stesso tempo di enorme importanza ai fini dell’alleanza terapeutica e del trattamento che si andrà a svolgere. L’esame psicodiagnostico potrebbe infatti, ad esempio, suscitare il timore di vedere confermate le credenze del paziente di essere “malato”, “diverso”, “difettato”, generando in questo modo vissuti di ansia, vergogna, rabbia e sconforto. Tutto questo viene gestito in terapia, normalizzando quanto sta accadendo e facendolo diventare un punto di forza per la scoperta di meccanismi di funzionamento intrinseci dei quali non sempre una persona (terapeuta compreso) è consapevole.

Quando e perchè utilizzarli?

Il clinico, prima di intraprendere un trattamento, deve comprendere con accuratezza la natura del problema presentato dal paziente. Per questo motivo i primi colloqui sono rivolti alla valutazione psicodiagnostica. L’esame psicodiagnostico è finalizzato ad ottenere in breve tempo un quadro globale del funzionamento psicologico della persona. I vantaggi sono tanti. In particolar modo se ne annoverano due:

  1. ridurre il rischio di errore diagnostico, sottovalutando alcuni tratti di personalità o alterazioni sintomatiche che non sempre emergono durante il colloquio psicologico, fornendo al clinico la possibilità anche di poter formulare una diagnosi differenziale momentanea, per poi approfondire successivamente escludendo le diverse alternative (ad es. differenziare tra ansia generalizzata, ansia specifica, ansia sociale);
  2. monitorare l’andamento e l’evoluzione del disturbo durante il percorso psicologico intrapreso. Se ad esempio un paziente mostra una quota di ansia pari a X, sarà importante dopo sei mesi determinare quanto quella quota si sia modificata.

In questo modo è possibile valutare gli obiettivi raggiunti durante il percorso di cura, evidenziando il cambiamento sia in termini quantitativi che qualitativi.

Viene infatti effettuata un’anamnesi bio-psico-sociale al fine di avere tutte le informazioni indispensabili per creare una cornice entro cui collocare i dati raccolti (dalle risposte ai test, dai diversi colloqui clinici e così via). Il colloquio ha infatti lo scopo di creare un clima di collaborazione e di conoscenza dei sintomi riferiti dal paziente in modo da individuare eventuali aree di approfondimento. Un’adeguata valutazione del problema consente di comprendere:

  • la tipologia di problema presentata e la gravitàcon cui si manifesta;
  • l’intensità della sintomatologia mostrata dal paziente e il grado di interferenza che ha sul suo funzionamento affettivosociale lavorativo.

Fornire al paziente una maggiore conoscenza sul proprio funzionamento e, magari, una specifica diagnosi, aiuta la persona a comprendere meglio ciò che gli sta succedendo e lo rassicura; questo accade infatti in quanto il paziente si rende conto che ciò di cui soffre è un fenomeno non solo circoscritto (e che quindi non intacca tutti gli aspetti della sua persona) ma, soprattutto, ben conosciuto e curabile. Formulare una giusta diagnosi, inoltre, consente al terapeuta di seguire dei protocolli per la cura di quello specifico disturbo, incrementando così la probabilità che il trattamento risulti efficace.

Le diverse tipologie di test

I test naturalmente sono utilizzati per molteplici finalità; per questo motivo esistono diverse macrocategorie di strumenti diagnostici che includono differenti aspetti del funzionamento personale:

  1. Test di valutazione di stato;
  2. Test di valutazione di tratto della personalità;
  3. Test di Intelligenza e Sviluppo;
  4. Test Proiettivi.

Ognuno di questi strumenti permette di effettuare un’analisi approfondita del funzionamento della persona, da un punto di vista cognitivo, emotivo e comportamentale.

I primi sono così chiamati in quanto esplorano allo “stato attuale” della somministrazione la presenza di una determinata sintomatologia. Sono ad esempio i test che indagano l’ansia, il tono dell’umore, i sintomi ossessivi, ma anche le diverse strategie di comportamento che una persona in genere mette in atto.

I secondi, invece, sono quelli che esplorano le diverse dimensioni di vita di una persona e che possono essere considerati piuttosto “stabili nel tempo”. Sono i cosiddetti test che indagano la personalità e il temperamento e che permettono di ricreare un quadro abbastanza coerente del funzionamento di una persona.

I test di intelligenza e sviluppo permettono al clinico di approfondire la conoscenza di aspetti legati, ad esempio, alla memoria, all’attenzione in modo da potenziare, attraverso un training intensivo, quelle che sono le difficoltà riscontrate.

I test proiettivi, invece, sono così chiamati in quanto il paziente “proietta” una parte di sé all’interno dello strumento stesso. Sono un esempio le macchie di Rorschach, il disegno della figura umana e quello dell’albero.