Perché proviamo le emozioni?

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Spesso capita di provare rabbia quando un automobilista non rispetta la precedenza, di provare disgusto verso un cibo “poco attraente” ai nostri sensi (odore, vista, tatto), paura per un evento inatteso (come ad esempio lo scoppio di un palloncino) e così via.
Le emozioni sono processi multicomponenziali che subiscono l’azione diretta dei nostri pensieri, sulla base di stimoli interni ed esterni. Questo significa che se, ad esempio, sto attraversando la strada e finisco in una pozzanghera, potrei pensare a quanto sono stato distratto (“che fesso che sono”) e provare ad esempio un’emozione di rabbia, accompagnata da una reazione fisiologica (aumento del tono muscolare, adrenalina e così via).
Ma questo basta per spiegare il motivo per cui le proviamo? Quante e quali sono le emozioni primarie (o fondamentali) che generalmente sperimentiamo (o potremmo sperimentare) durante l’arco della giornata?
Chi ha visto Inside Out, film di animazione Disney, probabilmente le ricorderà più facilmente: troviamo la gioia, la tristezza, la paura, il disgusto e la rabbia. Queste cinque emozioni sono considerate “primarie” in quanto vengono percepite fin dalla tenera età; ognuna di esse svolge una funzione determinante per la persona.

  • La gioia è uno stato di benessere mentale e fisiologico, in cui si percepisce una generale valutazione positiva di sé e delle proprie risorse: si percepisce che le cose “vanno bene”, ad esempio perché si è raggiunto un risultato atteso, o perché semplicemente ci si è incontrati con una persona amata. Quando proviamo gioia, in genere, focalizziamo l’attenzione su tutti quegli aspetti positivi della nostra vita che porteranno ad un aumento dell’emozione di felicità in quel momento.
  • La tristezza è un’emozione negativa che, generalmente, si sperimenta in seguito ad una perdita e non si riesce a vedere alcun tipo di alternativa, o semplicemente perché la stessa non esiste. La sensazione di perdita può toccare chiunque e a vari livelli: dalla perdita di una partita di calcio, di un giocattolo preferito fino alla perdita di una relazione (intesa in questo caso come rottura), perdita di una persona cara e così via. Legate a questa emozione si associano spesso delle reazioni comportamentali, quali pianto, insonnia, abbassamento del tono dell’umore, mettendo in atto anche un processo di autosvalutazione di sé per “non aver fatto abbastanza”. Un’eccessiva autosvalutazione di sé e una costante persistenza in questa emozione potrebbe però, a lungo andare, condurre ad uno stato depressivo.
  • La paura è un’emozione che da sempre accompagna il genere umano. La paura si innesca ogni qual volta percepiamo una minaccia imminente alla propria integrità. Probabilmente è proprio l’imminenza della situazione che ci permette di distinguere la paura dall’ansia, che invece è un’anticipazione (nella propria mente) di un evento temuto (“penso che qualcosa andrà storto”). Le reazioni comportamentali alla paura hanno in genere una valenza funzionale di sopravvivenza. Ad esempio, se entrando in casa sentiamo puzza di gas, in automatico percepiamo il pericolo e proviamo a neutralizzarlo. Altre volte però le reazioni che mettiamo in atto risultano disfunzionali, come il trovarsi paralizzati (freezing) di fronte ad un ragno (è il caso delle fobie) o, ad esempio, l’evitamento di situazioni che prevedono l’entrare in relazione con l’altro.
  • Il disgusto è l’emozione che in genere si sperimenta di meno durante la giornata, al contrario della rabbia che invece è l’emozione maggiormente esperita. Permette di tenere ‘lontani da sé’ quegli stimoli che comportano nausea e che cataloghiamo come “repellenti” sulla base di alcune caratteristiche fisiche (consistenza, odore, sostanza) e non solo (Mancini e Gragnani, 2003). Il timore costante di contaminazione è alla base di alcuni disturbi, come ad esempio il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC).
  • La rabbia, come anticipato, è l’emozione che maggiormente accompagna la nostra vita quotidiana. La sua funzione è principalmente di “giustezza”, si attiva cioè quando si percepisce che si sta subendo un torto (una minaccia a qualcosa che appartiene a noi) o quando è a rischio la nostra ‘immagine sociale’, il nostro status. Le reazioni comportamentali non sempre sono coerenti con l’emozione che si sta provando. Se da un lato, spesso, si tende a “buttar fuori” la rabbia, altre volte invece pur percependo una forte tendenza ad agire, si tende a “iper-controllarsi”, soprattutto quando ci si trova in situazioni sociali in cui si ha il timore di essere osservati. Una rabbia mal gestita (sia se si perde il controllo, sia se la si reprime) comporta conseguenze negative a livello somatico (ad esempio gastrite nervosa, costante tensione muscolare) e psicologico, in quanto la persona percepisce costantemente ingiustizia e mancanza di soddisfazione dei propri bisogni (“non sono riuscito a dire quello che provavo”).

Rispetto a quanto appena descritto, sembrerebbe che le emozioni svolgano un ruolo fondamentale nella vita di un essere umano, in quanto forniscono importanti “segnali” rispetto a ciò che sta accadendo in quel momento. Ognuna di queste emozioni, se mal gestista o ignorata, si ripercuote in maniera negativa nella vita di una persona, coinvolgendo a volte non solo l’ambito lavorativo, ma anche quello affettivo e relazionale/sociale.


Bibliografia
Mancini, F, Gragnani, A. (2003). Disgusto, Contagio e Cognizione, Psichiatria e Psicoterapia, 2003, 22 (1): 38-47.
Zorzi, M., V., Girotto (2004). Fondamenti di psicologia generale. Il Mulino, Bologna

A cura del Dott. Gianluca Ghiandi – Psicologo